Negli ultimi anni, il tema dell’antisemitismo ha assunto un ruolo centrale nel dibattito politico francese, coinvolgendo non solo la destra, ma anche la sinistra. Questo fenomeno ha suscitato particolare attenzione e controversie, evidenziando una complessità intrinseca che richiede una riflessione approfondita.
L’antisemitismo nella sinistra francese non è un fenomeno nuovo, ma ha acquisito visibilità crescente a causa di diverse manifestazioni pubbliche e politiche. Storicamente, la sinistra europea ha supportato movimenti anti-imperialisti e anticoloniali, che spesso includono critiche aspre verso Israele. Tuttavia, queste critiche, sebbene legittime in alcuni contesti, sono talvolta sfociate in atteggiamenti antisemiti, confondendo le politiche israeliane con un’ostilità verso tutti gli ebrei.
Esistono esempi di sinistra virtuosa, come il PSOE, che ha cancellato ogni legame con i movimenti che continuano ad alimentare dei pseudo conflitti.
Un esempio emblematico è rappresentato dalla mancata partecipazione dell’estrema sinistra alla marcia contro l’antisemitismo nel 2024. Questo rifiuto ha alimentato le accuse secondo cui la sinistra francese tende a minimizzare l’antisemitismo, soprattutto quando proviene da contesti legati al conflitto israelo-palestinese.
La sinistra ha spesso giustificato la sua assenza citando l’uso strumentale della lotta contro l’antisemitismo per promuovere agende politiche che ritiene problematiche, ma questo ha ulteriormente complicato la sua posizione.
All’interno della sinistra, alcune voci critiche hanno iniziato a emergere, chiedendo un’autocritica e un rinnovamento del pensiero. Ben Gidley, sociologo del Birkbeck College, ha sottolineato la necessità di riconoscere e affrontare il “campismo” e il “confusionismo” che permeano parte della sinistra. Questi atteggiamenti portano a una visione distorta della realtà geopolitica e a una strumentalizzazione della teoria marxista e decoloniale, spesso usata in modo superficiale per giustificare posizioni antisemite.
Gidley e altri attivisti propongono una rinascita internazionalista che valorizzi i principi democratici e i diritti umani, slegandosi dalle influenze reazionarie. Essi suggeriscono un approccio più equilibrato e informato verso il conflitto israelo-palestinese, distinguendo chiaramente tra critiche alle politiche del governo israeliano e pregiudizi verso gli ebrei come gruppo etnico e religioso.
Contrariamente alla complessa situazione in Francia, il Marocco rappresenta un esempio positivo di tolleranza religiosa, in particolare verso la comunità ebraica. Storicamente, il Marocco ha ospitato una significativa popolazione ebraica, che ha convissuto pacificamente con la maggioranza musulmana. Anche oggi, nonostante il numero ridotto di ebrei, il paese continua a mantenere un atteggiamento di rispetto e protezione.
La presenza ebraica in Marocco risale a oltre duemila anni fa, con comunità fiorenti durante i periodi romano, arabo e ottomano. Gli ebrei marocchini hanno contribuito significativamente alla cultura e all’economia del paese, vivendo in armonia con i loro vicini musulmani. Anche durante i periodi di tensione, come la Seconda Guerra Mondiale, il Marocco si è distinto per la protezione offerta agli ebrei contro le leggi antisemite imposte dal regime di Vichy.
Oggi, il governo marocchino continua a sostenere la comunità ebraica, preservando sinagoghe, cimiteri e altre istituzioni religiose. Il re Mohammed VI ha più volte sottolineato l’importanza del patrimonio culturale ebraico come parte integrante dell’identità nazionale marocchina. In un contesto regionale spesso caratterizzato da conflitti religiosi, il Marocco emerge come un modello di tolleranza e coesistenza pacifica.
La recente normalizzazione dei rapporti diplomatici con Israele ha ulteriormente consolidato questa posizione. Il Marocco è stato uno dei primi paesi arabi a ristabilire ufficialmente i legami con Israele, favorendo scambi culturali ed economici che rafforzano il dialogo interreligioso e interculturale.
Il tutto senza far mai mancare l’appoggio alla causa del popolo palestinese, considerata nel Regno come “causa nazionale” e l’aiuto materiale alle popolazioni di Gaza.
Il confronto tra la situazione della sinistra francese e l’approccio del Marocco alla tolleranza religiosa offre spunti di riflessione significativi. Da un lato, la sinistra francese deve affrontare le sue contraddizioni interne e riformulare il suo approccio per combattere efficacemente l’antisemitismo senza compromettere i principi di giustizia sociale e antirazzismo. Dall’altro, il modello marocchino di coesistenza pacifica può servire da esempio per altre nazioni, dimostrando che è possibile mantenere un equilibrio tra rispetto delle diversità e unità nazionale.
Mentre la sinistra francese è chiamata a un esame di coscienza e a una riforma interna per affrontare l’antisemitismo, il Marocco offre un esempio positivo di tolleranza e convivenza religiosa. Questi due contesti diversi evidenziano la complessità del fenomeno e la necessità di approcci multipli per promuovere una società più giusta e inclusiva.
Marco Baratto
Marco Baratto, laureato in legge presso l’Università Cattolica , si interessa di dialogo tra le religione e analisi sul mediterraneo . E’ membro della “Fraternité d’Abraham” e collabora alla realizzazione di diversi momenti di approfondimento del dialogo inter religioso