MARRAKECH, LA ROSSA

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Giu 24, 2024 #cultura, #Marocco, #nord africa

Marrakech non si visita, si vive. La città “rossa” del sud del Marocco è multiforme,
poliedrica, caleidoscopica: decidi tu come farne esperienza, si mostra a te nella
misura in cui vuoi fartene affascinare e travolgere.
Sono anni che la frequento e ormai ci vivo da cinque, con lei ho intessuto un rapporto
di amore profondo e, come in una relazione amorosa, alterno fasi di passione intensa
a momenti di incomprensione, ma sempre mi regala e mi fa rivivere l’emozione del
primo incontro.
Ricordo che tutto cominciò con uno scambio di sguardi.
I miei occhi volevano contenerla e catturarla tutta e lei, invece, mi accecava con una
luce limpida ed eterea, quasi a volermi preparare un pò alla volta alla sua misteriosa
bellezza.
Su Marrakech avevo letto tanto, ma timidamente ho preferito farmi condurre da lei e
non essere io a decidere i tempi ed i modi della nostra conoscenza.
E’stato un pò come affidarsi alla persona che senti essere parte di te e aggrapparsi
alla sua mano. Dopo lo sguardo mi ha stordita con i profumi: in primavera la zagara
ed il gelsomino sono così intensi nell’aria e si uniscono agli odori forti e stridenti
delle spezie. A Marrakech devi essere sempre pronto a sensazioni forti, per viverle
pienamente, non puoi mostrarti impreparato.
La prima volta che mi ritrovai, all’ora del tramonto, nella famosa piazza Jemaa El
Fna, sbucando dai vicoli tortuosi della medina, avvertii un coinvolgimento immediato
di tutti i sensi. Il mondo, con la sua diversità, era lì in miniatura: cantastorie,
incantatori di serpenti, bancarelle ricolme di frutta secca e dolci, ristoranti all’aperto,
giocolieri, venditori di prodotti di ogni tipo, turisti di varie razze e nazionalità, come
in una grande scenografia da film allestita e ripetuta ogni sera.
Mi tornava in mente la insuperabile descrizione che ne fece Elias Canetti ne “Le voci
di Marrakech”. Ed era tutto lì davanti a me in un’ estasi sensoriale.
Di giorno la piazza sembra immersa in un’atmosfera irreale, i suoi protagonisti
scompaiono, in attesa che ritorni il tramonto. Allora meglio girovagare senza meta

nel souk, farsi stordire dalla quantità di merci in vendita, fermarsi ad ogni cenno di
saluto dei compratori, perdersi come in un labirinto che affascina ed evoca mistero tra
odori di cuoio, menta, cumino e cardamomo.
E‘ facile ritrovarsi, quasi per caso, a Palazzo Bahia, con la tipica struttura
architettonica delle residenze arabe e lì isolarsi dal mondo sostando nel patio con la
fontana zampillante su cui si affacciano le varie stanze un tempo animate dal vociare
delle concubine. Gli alberi carichi di arance amare chiudono la vista del cielo, anche
se i raggi del sole riescono a filtrare e ad illuminare le maioliche e gli stucchi dei
raffinati artigiani arabi. Passeggiando tra i vicoli tortuosi, alzando il capo per scorgere
di tanto in tanto le cicogne in volo, appare la scuola coranica, la Medersa Ben
Youssef, dall’architettura complessa tipicamente arabo andalusa, impreziosita da
splendide decorazioni in legno di cedro, marmo e stucco. Vengono alla mente miriadi
di studenti passati per quelle stanze che si riposavano nello spazioso cortile recitando
a memorie le sure del Corano. Sembra quasi di sentire il ritmo cantilenante delle loro
voci.
Ma Marrakech non è solo medina. Al di fuori delle mura si estende la città moderna,
con le sue due arterie principali intitolate al Sovrano attuale S.M. Mohammed VI e al
nonno Mohammed V, i suoi viali, i suoi palazzi sempre cromaticamente in armonia
con la parte storica.
Nel suo nucleo originario la città nuova ha preso la denominazione di “Gueliz”,
termine che, secondo una delle etimologie plausibili, deriverebbe dal francese
“èglise”, ossia chiesa.
Infatti, nel 1928, durante il periodo del protettorato francese, qui è stata costruita la
Chiesa Cattolica intitolata ai cinque Santi Martiri francescani, nel luogo del loro
martirio. E’ l’unica chiesa al mondo che ha tra le sue icone l’incontro di San
Francesco con il sultano Malik Al Kamil, avvenuto a Damietta in Egitto nel 1219.
E’ la sola chiesa cattolica in città ed è guidata da tre Francescani, il parroco padre
Manuel, padre Jean de Dieu e fra’ Fabio.
La presenza francescana in Marocco ha festeggiato 800 anni nel 2019 ed è una
ricchezza per questo Paese

E’ una comunità molto viva e dinamica, a servizio di una minoranza cristiana
europea, africana, con particolare attenzione per i migranti; una bellissima
testimonianza della Chiesa universale in terra d’Islam, nonché espressione di dialogo
interreligioso reale e quotidiano.
E’ la mia parrocchia d’adozione, in cui mi sento a casa, in cui ogni domenica vengo
accolta con calore, con sorrisi e nella mia lingua, perché i Francescani sono
comunque tutti legati all’idioma del Santo di Assisi.
Marrakech, tra le destinazioni mondiali più amate dai turisti, è proprio una città
completa e dai mille volti, con oltre dieci secoli di storia, città imperiale, esotica,
occidentale, africana, berbera, araba.
Da quando vivo in Marocco ho imparato ad amare anche altre città, soprattutto Rabat
e Tangeri. Il mare mi manca tantissimo e fuggo spesso nelle città costiere.
Non essendo più una turista, inizio a non tollerare il rumore assordante del traffico
disordinato e l’inquinamento dei motorini che offuscano l’alone di bellezza e fascino
della città rossa.
Ma quando sono lontana da lei troppo tempo, la nostalgia per il violetto degli alberi
di giacaranda, per il tramonto rosso riflesso sulle mura, per il cinguettio degli uccelli
all’alba, per il fruscio delle palme si fa troppo intensa e bruciante.
Allora è importante tornare per riprendere quel dialogo mai interrotto…come in un
rapporto d’amore.

Lucia Valori

Lucia Valori, Avvocato, Presidente dell’associazione MeD (Mari e Deserti), promotrice negli anni di tantissime iniziative culturali e solidali. Vive tra il Marocco e l’Italia . Articolo precedente qui

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