Le guglie della Cattedrale Saint Pierre svettano, bianche ed eleganti, nel centro della città. Sede dell’Arcidiocesi, presieduta da S.E. Cardinale Cristobal Lopez, è cuore pulsante della Cristianità al di là del Mediterraneo.
Non siamo in Europa, ma nella capitale del Regno del Marocco, Paese musulmano caratterizzato da un’ antica storia di convivenza culturale e religiosa.
Ancora vivo è il ricordo della storica visita di Papa Francesco nel marzo 2019, quando il sagrato era pullulante di marocchini festosi che salutavano calorosamente il Pontefice.
Rabat, situata sull’oceano Atlantico e divisa dalla città di Salè dal fiume Bouregreg, è
la capitale del Marocco e una delle sue città più dinamiche.
Andrebbe visitata periodicamente per coglierne i cambiamenti (tutti in positivo). Molti identificano Marrakech con il Marocco, ma io credo che Rabat sia l’immagine più veritiera di questo Paese: un’ armonica combinazione di antico e moderno, in continuo fermento culturale.
Città imperiale e già capitale al tempo del Protettorato francese, dal fascino anche
mediorientale per il colore bianco dei suoi palazzi, è una città per viaggiatori raffinati
che amano andare oltre le apparenze.
Se Marrakech stordisce con i suoi colori e profumi, richiama e soddisfa turisti di ogni
tipo, da chi è animato da interessi culturali a chi brama solo un aperitivo al tramonto
in una delle bellissime terrazze, Rabat è un’affascinante e raffinata Signora,
curatissima, agghindata a dovere, dai modi garbati, a cui il viaggiatore deve
accostarsi con deferenza e rispetto.
Le sue aiuole e i suoi giardini, la pulizia impeccabile dei suoi viali sembrano stridere
con il guazzabuglio tipico della sua medina, ma Rabat è tutto questo: ordine
“svizzero”, fantasia e creatività tipicamente arabe.
La caratteristica Kasbah des Oudayas, tra l’Oceano e il fiume, con le sue viuzze
contornate da case bianche (dopo il restauro di qualche anno fa è stato rimosso

l’azzurro) sembra un’oasi fuori dal tempo che quasi contrasta con la città più
moderna fuori dalle mura, sede della Monarchia e del Governo Marocchino.
Affacciata nell’ampio belvedere godo un panorama multiforme, che ogni volta
suscita in me emozione: le mura dell’ antica medina di Salè, la città dei pirati, la
Marina di Salè, recente area edificata anche con finanziamenti esteri, con i suoi caffè
e ristoranti e sullo sfondo la recentissima Tour Mohammed VI, avveniristica
costruzione stile Dubai, l’edificio più alto in Marocco con i suoi 250 metri e 55
piani.
Lo scorrere lento del fiume su cui si adagiano le tipiche feluche blu non fa trapelare il
pensiero che proprio lì vicino c’è l’Oceano con la sua potenza e maestosità.
Esco da quella atmosfera ovattata per tornare a visitare il maestoso Mausoleo
Mohammed V in tipico stile andaluso dove sono le tombe del re Mohammed V e del
figlio Hassan II.
Mohammed V, considerato il padre della moderna nazione, è ricordato
particolarmente per aver protetto un gran numero di Ebrei essendosi rifiutato di
applicare le leggi antisemite del governo di Vichy.
Il Marocco è sempre stato un Paese molto tollerante e tutte le città, quindi anche
Rabat, conservano un quartiere ebraico che si chiama Mellah.
Di fronte al Mausoleo si staglia la famosa Torre Hassan, l’antico minareto di una
moschea mai completata, che rappresenta un po’ il simbolo della capitale.
Questo complesso monumentale è circondato dal quartiere Hassan, sede di
ambasciate e consolati.
Ma proprio al disotto, sulle rive del fiume, si apre un nuovo distretto esteso svariati
ettari nell’ambito di un importante processo urbano iniziato anni fa su iniziativa del
Sovrano per creare un’area ricreativa e culturale.
E’ qui che sono stati realizzati, oltre alla Tour Mohammed VI, il Grand Théatre, una
delle ultime opere progettate dall’architetto iraniano recentemente scomparso, Zaha
Hadid.
La forma aerodinamica di grande impatto vuole ispirarsi al corso del vicino fiume
Bouregreg e alla arzigogolata calligrafia araba.

Non lontano, come una fortezza circondata dal verde, sorge la necropoli di Chellah.
Torno a visitarla dopo i restauri, che si sono svolti anche con la cooperazione del
governo italiano, che l’hanno tenuta chiusa al pubblico per lungo tempo.
Rimango affascinata, come la prima vota, da questo sito di grande estensione situato
fuori le mura della città e che ha varie stratificazioni storiche, da originario sito
fenicio, a insediamento romano a necropoli arabo musulmana.
Le cicogne volano numerose sulla mia testa e si accovacciano sulle rovine sfiorando
gli alberi di arancio in piena fioritura così come il gelsomino. Tra storia e natura la
mente ed il cuore vanno all’unisono.
Rabat, città antica, ma proiettata verso il futuro, con importanti e preziose vestigia del
suo passato e con gioielli di architettura moderna, non si può raccontarla senza
menzionare un protagonista importante della sua storia: l’Oceano Atlantico.
Per me le città costiere hanno sempre un quid pluris, non sono limitate entro confini
geografici ma sono protese verso l’infinito.
Passeggiando lungo la Corniche nel quartiere Ocean, si gode il tramonto più bello del
Paese: il sole prima di tuffarsi fra le onde impetuose sosta per pochissimo sul faro
unendo cielo e terra in un abbraccio.
Dalla Kasbah lo sguardo riesce a catturare lo sconfinato cimitero adagiato sulla
collina e l’Oceano che nelle ore serali sembra rilassarsi e placarsi.
Rabat mi ha conquistata, è la città in cui vorrei abitare, dove la qualità della vita è
molto alta, con grandi stimoli culturali. Non ha nulla da invidiare alle altri capitali
d’Europa e del mondo.
In questi miei racconti dal Marocco, mi piace sottolineare quanto questo Paese sia
variegato e multiforme,
Tahar Ben Jelloun dice: “Il Marocco è un enigma da sedurre con garbo, non si lascia
prendere di fronte, la sua luce è abbacinante, il suo spirito si irradia, fa smarrire il
viaggiatore. E’ la mia passione, mi abita e ne sono felice.”
Posso dire che il Marocco, e Rabat in particolare, abitano anche me e ne sono felice!

Lucia Valori

Di wp