Crescono i fenomeni della “Chiesa nascosta” e della “Chiesa profuga” i casi della Corea del Nord e dell’Algeria 

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Gen 16, 2025

La persecuzione cristiana e l’assenza di luoghi di culto: il caso dell’Algeria

Come si misura la persecuzione quando non esistono più chiese cristiane visibili? Questa domanda è centrale nell’analisi della World Watch List 2025 pubblicata da Porte Aperte. Il caso dell’Algeria è emblematico. Nel corso del 2024, tutte le chiese protestanti presenti nel Paese sono state forzatamente chiuse, portando a una situazione in cui non rimane alcun edificio religioso cristiano che possa essere preso di mira. Questo ha determinato un calo del punteggio relativo alla violenza nella valutazione dell’Algeria per il 2025, riducendo il punteggio complessivo di 2 punti rispetto all’anno precedente. Tuttavia, questa riduzione nasconde una realtà ancora più complessa: se la violenza visibile contro le chiese è diminuita, altre forme di pressione sui cristiani algerini si sono intensificate.

Il numero di cristiani algerini in attesa di processo e condanna ha raggiunto un picco storico. I credenti, in particolare quelli di origine musulmana convertiti al cristianesimo, vivono costantemente nel timore di essere perseguitati a causa delle leggi che regolano la pratica religiosa non musulmana. La repressione non si limita alla chiusura fisica delle chiese: il governo algerino utilizza misure economiche e organizzative per indebolire ulteriormente la comunità cristiana, con un’attenzione specifica alle attività svolte online. Questo ha spinto molti credenti a isolarsi, praticando la loro fede in segreto per evitare di attirare l’attenzione delle autorità.

L’isolamento dei cristiani algerini riflette una tendenza osservata in molti altri Paesi inseriti nella World Watch List 2025. La repressione costante e mirata sta trasformando le comunità cristiane visibili in comunità nascoste o costringendo i credenti a fuggire all’estero, dando origine a quello che è stato definito il fenomeno della “Chiesa profuga”.

Corea del Nord: un regime ostile alla fede cristiana

La Corea del Nord continua a rappresentare uno dei contesti più oppressivi al mondo per i cristiani. Nel Paese, la sola appartenenza alla fede cristiana è considerata un crimine capitale. Possedere una Bibbia, pregare in segreto o condividere la propria fede può portare non solo alla detenzione nei famigerati campi di lavoro forzato, ma anche alla condanna a morte. La chiesa nordcoreana è totalmente clandestina, e ciò rende estremamente difficile ottenere informazioni verificate sugli episodi di persecuzione.

Secondo il rapporto di Porte Aperte, molti cristiani vengono scoperti attraverso le reti di delazione organizzate dal regime, che utilizza parenti, amici e colleghi per sorvegliare e segnalare comportamenti sospetti. La punizione non si limita all’individuo: intere famiglie vengono inviate nei campi di prigionia, dove le condizioni sono disumane e spesso letali. Nonostante queste circostanze, si stima che la chiesa clandestina nordcoreana conti decine di migliaia di credenti, un segno di resilienza straordinaria in un contesto di persecuzione estrema.

La correlazione tra persecuzione e clandestinità

La clandestinità forzata delle chiese è un fenomeno che accomuna l’Algeria e la Corea del Nord, pur con dinamiche differenti. In Algeria, la chiusura delle chiese fisiche ha ridotto le opportunità di repressione diretta contro i luoghi di culto, ma ha intensificato le pressioni su individui e comunità. Questo isolamento rende difficile per i cristiani algerini mantenere una vita di fede comunitaria, che è un aspetto fondamentale della pratica cristiana.

In Corea del Nord, la clandestinità è una condizione imposta da decenni. Qui la repressione è totale: il regime considera il cristianesimo una minaccia ideologica, associandolo al mondo occidentale e quindi a potenziali interferenze straniere. La fede è vissuta nella più assoluta segretezza, con i credenti che si riuniscono in piccoli gruppi in luoghi nascosti o pregano da soli, nel timore costante di essere scoperti.

La strumentalizzazione delle leggi religiose

In entrambi i contesti, le autorità utilizzano le leggi per giustificare la repressione. In Algeria, le normative che regolano la pratica religiosa non musulmana vengono applicate in modo restrittivo e selettivo per colpire le comunità cristiane. Le accuse più comuni includono proselitismo e uso improprio di edifici privati per il culto. In Corea del Nord, la religione è vista come un crimine contro lo Stato, e ogni forma di fede diversa dal culto della dinastia Kim è vietata.

Un trend globale di isolamento e fuga

Il fenomeno dell’isolamento dei cristiani e della diminuzione delle chiese visibili non si limita a questi due Paesi. In Afghanistan, la chiesa è completamente nascosta dopo l’avvento dei Talebani nel 2021. Molti cristiani sono stati uccisi o costretti alla fuga, mentre quelli rimasti vivono la loro fede nel più assoluto segreto. Analogamente, in Somalia, possedere una Bibbia o essere scoperti come cristiani equivale a una condanna a morte.

Questi contesti evidenziano come la riduzione delle espressioni visibili del cristianesimo non corrisponda necessariamente a una diminuzione della persecuzione. Anzi, la pressione sui credenti può aumentare proprio a causa dell’isolamento. Il fenomeno della “Chiesa nascosta”, pur garantendo una sopravvivenza fisica ai cristiani, comporta una perdita significativa in termini di testimonianza pubblica e vita comunitaria

Marco Baratto

Di wp