Le nuove prospettive della politica di difesa africana

Diwp

Gen 12, 2025 #armamenti, #armi, #politica

La recente decisione della Costa d’Avorio di chiudere le basi militari francesi sul proprio territorio rappresenta un ulteriore passo verso l’autonomia della gestione della sicurezza nazionale da parte di alcuni Paesi africani. Con questo provvedimento, annunciato dal presidente Alassane Ouattara nel suo discorso di fine anno, la Costa d’Avorio si unisce ad altri due Paesi che, nel corso dell’ultimo mese, hanno ordinato l’espulsione dei contingenti militari francesi. Questo percors indica un cambiamento significativo nelle relazioni tra l’Africa e le potenze occidentali, un tema che meriterebbe maggiore attenzione e analisi da parte della stampa internazionale, inclusa quella italiana.

L’affrancamento dalla tutela militare straniera

L’annuncio del presidente Ouattara segna non solo la volontà di riaffermare la sovranità nazionale, ma anche la crescente capacità dei Paesi africani di gestire autonomamente le proprie questioni di difesa. Un messaggio simile è stato lanciato anche dal presidente del Senegal nel proprio discorso di fine anno, a dimostrazione di un fenomeno che si sta diffondendo in diverse aree del continente. Questo affrancamento è il risultato di un lungo processo storico e politico che punta a ridurre la dipendenza dai tradizionali attori internazionali, favorendo una nuova consapevolezza del ruolo che l’Africa può giocare nel proprio destino.

Contrariamente a quanto sostengono alcuni osservatori internazionali, questa evoluzione non rappresenta necessariamente un vantaggio per potenze come Mosca o Pechino. L’idea che l’Africa abbia bisogno di un “tutore” — occidentale, russo o cinese — è una visione anacronistica, eredità di un pensiero coloniale che ancora permea molti ambienti politici e accademici globali. Questa prospettiva sottovaluta la capacità delle nazioni africane di sviluppare politiche autonome, anche nel campo della difesa.

Verso una potenza militare africana

Il futuro del continente potrebbe essere rappresentato dalla creazione di una forza militare panafricana, in grado di agire come attore autonomo sulla scena globale. Questa ipotesi, sebbene ambiziosa, non è irrealizzabile.

Un esercito panafricano potrebbe svolgere un ruolo cruciale nella risoluzione dei conflitti interni al continente, come forza di interposizione e stabilizzazione, oltre a costituire una valida alternativa ai blocchi militari esistenti, come la NATO o l’alleanza dei BRICS.

Per raggiungere questo obiettivo, tuttavia, è necessario che le nazioni africane superino le divisioni interne e si liberino dall’influenza di attori esterni che sfruttano le fragilità locali per alimentare conflitti. Esempi di queste dinamiche sono le attività del Movimento M23 nel Nord Kivu, sostenuto da Ruanda e Uganda, o del Fronte Polisario, che intrattiene rapporti con Teheran. Questi vincoli rappresentano ostacoli significativi alla creazione di una politica di difesa comune.

Il ruolo del Marocco nella strategia militare panafricana

Un esempio interessante di come l’Africa stia cercando di costruire le basi per un’autonomia militare è rappresentato dal progetto del Marocco di creare un’industria degli armamenti. Secondo quanto riportato da alcune fonti internazionali, il bilancio 2025 del Regno prevede la creazione di due zone franche dedicate alla produzione di armi e munizioni. Questi poli industriali, favoriti da incentivi fiscali e terreni a basso costo, non solo risponderebbero alle esigenze del Marocco, ma potrebbero costituire un punto di riferimento per altri Paesi africani.

Questa strategia rappresenta una naturale estensione di un modello economico già consolidato in altri settori, come quello automobilistico. L’obiettivo del Marocco è di diventare un produttore di armamenti non solo per il mercato interno, ma anche per fornire le forze armate di altre nazioni africane. Questo approccio potrebbe gettare le basi per la creazione di un’industria bellica panafricana, capace di soddisfare le esigenze difensive del continente e di ridurre la dipendenza da fornitori esterni.

Una nuova prospettiva per la difesa africana

La costruzione di una politica di difesa panafricana richiede un cambiamento di paradigma: è necessario superare le logiche della Guerra Fredda e costruire alleanze che siano davvero funzionali agli interessi del continente. L’esempio marocchino dimostra che ciò è possibile, ma per ampliare questo modello è fondamentale un impegno congiunto da parte dei governi africani.

Il primo passo potrebbe essere rappresentato da una maggiore cooperazione tra Stati nell’ambito della sicurezza regionale. Strumenti come l’Unione Africana e le organizzazioni sub-regionali (ECOWAS, SADC, IGAD) offrono già piattaforme per la collaborazione, che potrebbero essere ulteriormente sviluppate per includere aspetti relativi alla produzione e alla gestione delle risorse militari.

In conclusione, il processo di emancipazione militare dell’Africa non è solo un segnale di maturità politica, ma anche un’opportunità per ridefinire gli equilibri di potere globali. Se le nazioni africane riusciranno a liberarsi dalle ultime vestigia di dipendenza e a superare le divisioni interne, il continente potrebbe emergere come un attore chiave nel campo della difesa, contribuendo non solo alla stabilità regionale, ma anche alla sicurezza globale.

Marco Baratto

Di wp