Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ormai alle porte, i primi segnali della sua nuova politica estera, che possiamo definire “Dottrina Trump”, iniziano a farsi sentire sullo scenario internazionale. La recente caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria rappresenta il primo successo tangibile di questo approccio. La strategia di Trump, che combina un disimpegno attivo e un attento sfruttamento delle dinamiche regionali, evidenzia come gli Stati Uniti possano raggiungere obiettivi strategici senza il massiccio coinvolgimento militare diretto.
Questa vittoria in Siria non è soltanto un evento circoscritto al Medio Oriente, ma un segnale che ha implicazioni profonde per altri grandi attori internazionali come la Russia, l’Iran e persino l’Ucraina. Per comprendere meglio l’importanza di questo successo e il significato della Dottrina Trump, è utile esaminare i diversi aspetti di questa strategia e le sue ripercussioni globali.
La “Dottrina Trump”: disimpegno attivo, ma non isolamento
La Dottrina Trump si distingue per un principio fondamentale: ridurre la presenza militare diretta degli Stati Uniti nelle aree di crisi, ma senza rinunciare alla capacità di influenzare gli equilibri regionali e globali. Questo approccio, che potremmo definire disimpegno attivo , si basa sulla delega agli alleati locali, ai quali viene affidato il compito di condurre militari e politiche con il supporto strategico, logistico o indiretto degli Stati Uniti.
L’esempio della Siria è emblematico. Con il ritiro graduale delle truppe americane, Washington ha lasciato che fosse la Turchia a giocare il ruolo decisivo nel colpo finale al regime di Assad. La caduta del leader siriano, a lungo sostenuto dalla Russia e dall’Iran, rappresenta quindi un successo per la strategia americana, ottenuto senza il diretto impiego di risorse militari statunitensi. Questo tipo di approccio non è sinonimo di isolazionismo, ma di una politica estera più mirata, volta a preservare gli interessi americani riducendo al minimo i costi economici e umani.
Siria: un messaggio forte per Mosca e Teheran
La caduta del regime di Assad è un colpo durissimo per la Russia, che rischia di perdere la sua base navale di Tartus, un punto strategico essenziale per il controllo del Mediterraneo orientale. Questo risultato rappresenta un chiaro avvertimento a Mosca: l’espansione geopolitica del Cremlino non è priva di conseguenze. Donald Trump, con il suo approccio pragmatico, invia un segnale inequivocabile a Vladimir Putin, mostrando come la politica americana possa contenere le ambizioni russe anche attraverso azioni indirette.
Anche l’Iran subisce un doppio contraccolpo. La caduta di Assad mina la rete di alleanze regionali costruita da Teheran negli ultimi anni. Hezbollah, le milizie sciite in Iraq e le forze siriane rappresentavano per l’Iran un ponte strategico per espandere la propria influenza nel Medio Oriente e minacciare Israele. Ora, con la sconfitta del regime siriano, questa rete appare più fragile che mai.
Inoltre, l’arresto di 30 militanti del Fronte Polisario in Siria mette in luce il ruolo di Teheran nel supporto a gruppi separatisti, non solo in Medio Oriente ma anche in Nord Africa. Questo episodio sottolinea il tentativo iraniano di destabilizzare ulteriormente alcune regioni strategiche, in particolare il Maghreb. Tuttavia, la cattura di questi militanti invia un messaggio chiaro: l’Iran non potrà continuare a utilizzare questi metodi senza subire conseguenze dirette.
Un avvertimento per Zelenskyj e l’Ucraina
La Dottrina Trump non risparmia neanche gli alleati degli Stati Uniti, che sono chiamati a moderare le proprie richieste e ad agire con maggiore autonomia. In questo contesto, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj viene avvisato di non eccedere nelle sue richieste di armi e aiuti all’Occidente.
Donald Trump ha più volte espresso la volontà di rivedere il livello di supporto americano all’Ucraina, ritenendo che il conflitto con la Russia non debba necessariamente trascinare Washington in una spirale di escalation militare. L’approccio trumpiano punta piuttosto a incentivare i negoziati tra Mosca e Kiev, anche a costo di concessioni territoriali da parte dell’Ucraina, per evitare un conflitto prolungato e costoso.
Questo aspetto della Dottrina Trump evidenzia una visione più pragmatica dei conflitti globali, dove la priorità non è solo quella di sostenere gli alleati, ma anche quella di garantire che gli interessi americani siano preservati senza il coinvolgimento diretto e prolungato in guerre lontane.
Implicazioni globali della vittoria in Siria
La vittoria americana in Siria ha implicazioni che vanno ben oltre i confini del Medio Oriente.
- Russia : La perdita del regime di Assad è un duro colpo per Mosca, che vede ridursi drasticamente la propria influenza nella regione. Questo evento potrebbe costringere il Cremlino a rivedere le proprie ambizioni geopolitiche, concentrandosi maggiormente su altre aree di interesse strategico come l’Artico e l’Europa orientale.
- Iran : L’indebolimento della rete di alleanze iraniane in Medio Oriente riduce la capacità di Teheran di proiettare potere nella regione. Inoltre, il coinvolgimento iraniano nel Maghreb, evidenziato dall’episodio del Polisario, rischia di provocare una reazione ancora più forte da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati.
- Europa : La riduzione del coinvolgimento americano in Medio Oriente richiederà all’Unione Europea di assumersi maggiori responsabilità nella gestione delle crisi regionali, in particolare per quanto riguarda la stabilità del Nord Africa e la gestione dei flussi migratori.
- Nord Africa : La cattura dei militanti del Polisario sottolinea la crescente instabilità della regione, ma rappresenta anche un’opportunità per rafforzare l’alleanza tra Washington e Rabat, già consolidata dal riconoscimento americano della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale.
Conclusioni: Perché la Dottrina Trump è necessaria
La “Dottrina Trump”, basata sul principio del disimpegno attivo, offre una soluzione pragmatica e sostenibile per la politica estera americana. Riducendo il coinvolgimento diretto nei conflitti, ma mantenendo la capacità di influenzare gli sviluppi strategici attraverso alleati regionali, questa dottrina permette agli Stati Uniti di concentrarsi sulla priorità interna e su altre sfide globali.
La vittoria in Siria dimostra l’efficacia di questo approccio. La caduta del regime di Assad, l’indebolimento dell’Iran e il messaggio inviato alla Russia rappresentano risultati concreti ottenuti senza l’onere di una massiccia presenza militare americana. Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, la Dottrina Trump potrebbe diventare un modello per affrontare altre crisi globali, ridefinendo il ruolo degli Stati Uniti come arbitro internazionale, meno visibile ma non meno efficace.
Marco Baratto