La paura di “corti islamiche ” di tribunali islamici che emanano sentenze, viene usato dalla politica per creare un clima di islamofobia. Giornalisti e politici italiani si dimenticano che dal 1929 le sentenze di nullità matrimoniale hanno effetti nel diritto civile italiano…Quindi effetti civili di sentenze pronunciate da tribunali religiosi hanno già valore in Italia
Negli ultimi anni, molte trasmissioni televisive e politici hanno alimentato la paura nei confronti dell’Islam, concentrandosi in particolare sulla sharia e sulla possibilità che il diritto religioso musulmano possa avere effetti civili nei Paesi occidentali. Si parla spesso, con toni allarmistici, di “Londonistan” e dell’influenza di corti islamiche nelle questioni civili, suggerendo che l’ordinamento giuridico occidentale sia minacciato da questi sviluppi.
Tuttavia, ciò che spesso viene volutamente ignorato nel dibattito pubblico è che un sistema simile esiste in Italia dal 1929 e continua a essere applicato senza sollevare particolari polemiche. Il concetto chiave in questo contesto è la “delibazione”, una procedura giudiziaria attraverso la quale un provvedimento emesso da un’autorità giudiziaria straniera o da un tribunale religioso può acquisire efficacia giuridica nello Stato italiano.
Questo meccanismo riguarda anche le sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale pronunciate dai tribunali canonici della Chiesa cattolica. Tale sistema è stato sancito dal Concordato Lateranense del 1929 e successivamente aggiornato con l’Accordo tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica del 18 febbraio 1984. L’art. 8, n. 2 di questa nuova disciplina stabilisce che la sentenza ecclesiastica di nullità di un matrimonio concordatario (cioè celebrato secondo il rito cattolico e trascritto ai fini civili) può ottenere efficacia giuridica in Italia previa domanda di una delle parti o di entrambe, presso la Corte d’Appello competente per territorio. La competenza territoriale è determinata in base al Comune dove il matrimonio è stato trascritto.
Questa procedura non è stata abolita neppure con la Riforma del diritto internazionale privato, avvenuta con la Legge n. 218 del 1995. Anzi, la delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale continua a essere una pratica consolidata nel nostro ordinamento. Il suo effetto è quello di annullare retroattivamente gli effetti civili del matrimonio sin dalla sua celebrazione, lasciando però impregiudicati i rapporti di filiazione e gli obblighi giuridici ad essi connessi. In questo modo, non è necessario presentare domanda di divorzio qualora la nullità matrimoniale sia stata riconosciuta, a meno che il divorzio non sia già stato pronunciato. Se il divorzio è già intervenuto, i suoi effetti patrimoniali e personali rimangono comunque validi ed efficaci.
La contraddizione evidente sta nel fatto che, mentre la possibilità di riconoscere effetti civili alle sentenze di tribunali religiosi cattolici è accettata e applicata senza destare allarme, l’idea che un sistema analogo possa essere concesso ad altre confessioni religiose viene invece utilizzata come strumento di propaganda politica. La destra, in particolare, sfrutta la paura nei confronti dell’Islam per ottenere consenso elettorale, evocando scenari catastrofici legati alla sharia e all’influenza della legge islamica sulla società italiana. Allo stesso tempo, la sinistra evita di sollevare la questione, perchè il suo elettorato è formato dalle stesse persone che votano a destra , ovvero persone che si fanno spaventare facilmente senza approfondire. Quindi , anche la sinistra nei fatti non difende gli immigrati. Se la destra capisse che gli immigrati sono prevaltemente conservatori , forse la smetterebbe di aggrapparsi a questi messaggi .
Questa strumentalizzazione politica porta a un dibattito pubblico fortemente distorto, dove la questione della delibazione delle sentenze religiose viene affrontata in modo selettivo e ideologico. Da un lato, si accetta senza riserve l’ingerenza del diritto canonico nelle questioni civili, dall’altro si demonizza la possibilità che altre religioni possano beneficiare di un trattamento analogo.
In realtà, il tema dovrebbe essere affrontato con maggiore coerenza e imparzialità, analizzando i principi giuridici alla base della delibazione senza lasciarsi influenzare da pregiudizi o strumentalizzazioni politiche. Il riconoscimento delle decisioni dei tribunali religiosi, nel rispetto delle leggi nazionali, è una prassi consolidata in molti Paesi democratici e può essere gestito in modo equilibrato senza compromettere i principi fondamentali dello Stato di diritto.
Il dibattito sull’Islam e sulla sharia dovrebbe quindi essere affrontato con maggiore onestà intellettuale, evitando di alimentare paure irrazionali e concentrandosi invece sui reali problemi dell’integrazione e della convivenza tra diverse tradizioni giuridiche e culturali. Se l’Italia ha accettato per quasi un secolo la validità delle sentenze ecclesiastiche nei procedimenti civili, allora è necessario interrogarsi su quali siano i veri motivi per cui si nega la stessa possibilità ad altre confessioni religiose, invece di cavalcare la paura a fini politici.
Marco Baratto