Mohammed V, sultano del Marocco dal 1927 e poi re dal 1957, rappresenta una figura chiave nella resistenza morale contro le leggi antiebraiche imposte dal regime di Vichy durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo ruolo non fu solo simbolico, ma attivo e determinante nel proteggere la comunità ebraica marocchina dalle persecuzioni naziste e dalle misure discriminatorie attuate dal governo collaborazionista francese.
Nel 1940, la Francia cadde sotto l’occupazione tedesca e il maresciallo Philippe Pétain instaurò il regime di Vichy, che adottò una serie di leggi razziali mirate a discriminare la popolazione ebraica. Queste leggi, simili a quelle promulgate in Germania con le Leggi di Norimberga, prevedevano la revoca della cittadinanza agli ebrei, l’esclusione da impieghi pubblici e professioni regolamentate, oltre a confische di beni e restrizioni economiche.
Il Marocco, allora protettorato francese, fu direttamente coinvolto in questa politica discriminatoria. Il governo di Vichy tentò di estendere le sue leggi razziali nei territori coloniali, incluso il Marocco, dove vivevano circa 250.000 ebrei. Tuttavia, l’applicazione di queste misure incontrò la ferma opposizione del sultano Mohammed V.
Fin dall’inizio, Mohammed V si rifiutò di collaborare con le autorità di Vichy nell’attuazione delle leggi razziali. Pur non avendo un potere esecutivo diretto sulle decisioni francesi, il sultano utilizzò la sua autorità morale e politica per proteggere la comunità ebraica marocchina.
Si racconta che, durante un ricevimento ufficiale, il sultano dichiarò ai rappresentanti del regime di Vichy: “Non ci sono ebrei in Marocco. Ci sono solo sudditi marocchini”, sottolineando così la sua opposizione a qualsiasi forma di discriminazione. Inoltre, insistette affinché gli ebrei marocchini continuassero a godere dei loro diritti come cittadini del regno, rifiutandosi di consegnare liste di ebrei alle autorità francesi o di imporre misure segregazioniste nelle scuole e nei luoghi pubblici.
Quando il regime di Vichy emanò decreti che limitavano l’accesso degli ebrei all’istruzione e ai posti di lavoro, il sultano trovò modi per aggirare queste imposizioni, garantendo che molti ebrei potessero mantenere le loro posizioni o ricevere aiuti indiretti. Sebbene non potesse impedire completamente l’attuazione delle leggi di Vichy, la sua opposizione pubblica contribuì a mitigare le loro conseguenze.
La posizione di Mohammed V non passò inosservata. I funzionari di Vichy tentarono di convincerlo a collaborare, ma senza successo. Con l’Operazione Torch, lo sbarco alleato in Nord Africa nel novembre 1942, il regime di Vichy perse il controllo della regione e il sultano poté riprendere un ruolo più attivo nella politica marocchina.
Nel dopoguerra, la comunità ebraica marocchina rimase profondamente riconoscente al sultano per la sua protezione. La sua figura è ancora oggi rispettata nella memoria collettiva degli ebrei marocchini, molti dei quali emigrarono successivamente in Israele, Francia e Canada.
Il suo impegno nella difesa degli ebrei ha anche contribuito a rafforzare la sua immagine di sovrano giusto e illuminato, favorendo l’ascesa del movimento nazionalista marocchino che porterà, nel 1956, all’indipendenza del Marocco dalla Francia.
Mohammed V rappresenta un esempio di coraggio morale in un’epoca segnata da discriminazioni e violenze razziali. Il suo rifiuto di applicare le leggi antiebraiche del regime di Vichy dimostra il suo impegno per l’uguaglianza e la dignità di tutti i suoi sudditi, indipendentemente dalla loro religione. Il suo ruolo nella protezione della comunità ebraica marocchina rimane una delle pagine più luminose della storia del Marocco moderno e un simbolo di resistenza contro l’oppressione.
Marco Baratto