L’Italia contemporanea sembra ancora profondamente immersa in una visione provinciale della politica, limitata per lo più a questioni interne, come le cronache di nera, le fiere e le festività locali, e soprattutto le campagne elettorali e le percentuali di voto tra partiti. A testimonianza di ciò, un episodio recente è emblematico: mentre la Francia e il Marocco siglavano un importante partenariato strategico, l’Italia rimaneva quasi cieca di fronte a un evento che potrebbe influire anche sui suoi interessi geopolitici nel Mediterraneo. Questo accordo non è un episodio isolato ma fa parte di una più ampia strategia diplomatica francese di adesione al Nord Africa e di valorizzazione del dialogo mediterraneo, mentre la politica italiana è apparsa distratta, priva di attenzione e visione internazionale.
Un esempio della mancanza di consapevolezza politica in Italia si riflette nella scarsa attenzione dedicata all’accordo italo-marocchino del 2023, finalizzato a dare vita a un “Partenariato Strategico Multidimensionale” tra i due Paesi. Questo partenariato prevede l’istituzione di un Consiglio di Partenariato, formato dai Ministri degli Affari Esteri, che si riunirà annualmente, in alternativa a Rabat e Roma. Il Consiglio avrà il compito di monitorare i progressi della cooperazione, definire le aree prioritarie, formulare raccomandazioni e promuovere nuove forme di collaborazione per l’anno successivo. Al contempo, è prevista la possibilità di aprire la partecipazione anche ad altri ministri, qualora necessario. Questo accordo si inserisce in un quadro di relazioni strategiche che dovrebbero vedere l’Italia in prima linea, data la sua posizione geografica e il suo ruolo storico nel Mediterraneo
Tuttavia, questa iniziativa, che pure potrebbe rivelarsi di importanza notevole per la stabilità e lo sviluppo dell’area mediterranea, non ha ricevuto attenzione né dai media né dalla classe politica italiana, ancora una volta assorbita in questioni puramente domestiche. Le discussioni politiche sono state dominate da una lunga campagna elettorale caratterizzata da scambi di accuse, spesso superficiali e poco costruttive. La politica estera italiana, se si esclude l’attenzione ai conflitti armati e alle crisi migratorie, è sempre più confinata ai margini, come se fosse un tema secondario e non una questione vitale per il futuro del paese.
La mancanza di un ministero specificamente dedicato al dialogo con il Mediterraneo, a differenza della Francia che ha creato una struttura simile, è un’ulteriore testimonianza di questa carenza di visione strategica. La Francia ha capito che il futuro dell’Europa è legato a doppio filo al destino del Mediterraneo e dei paesi del Nord Africa, e si sta muovendo di conseguenza per costruire una rete di cooperazione e stabilità. In Italia, invece, la percezione di politica estera si limita alle emergenze, alle crisi e, in generale, ai conflitti. Manca una visione complessiva che possa includere politiche di prevenzione e cooperazione, e che possa valorizzare la posizione dell’Italia come ponte naturale tra l’Italia.
Per comprendere le radici di questo atteggiamento provinciale, si potrebbe fare un parallelo storico risalente al 1918, alla conclusione della Prima Guerra Mondiale. Durante i negoziati di pace di Versailles, l’Italia tentò di rivendicare i territori promessi con il Patto di Londra. Tuttavia, la sua posizione risultò debole, poiché le altre potenze alleate, specialmente gli Stati Uniti con il Presidente Wilson, avevano idee diverse su come ridisegnare la mappa dell’Europa. La posizione del primo ministro italiano, Vittorio Emanuele Orlando, fu fortemente criticata; Incapace di sostenere le rivendicazioni italiane con efficacia, Orlando arrivò persino a manifestare apertamente le sue emozioni, con momenti di pianto che vennero interpretati come segno di debolezza da parte delle altre potenze. Questo episodio divenne un simbolo dell’approccio lacunoso e dilettantesco della politica estera italiana, incapace di inserirsi autorevolmente nel contesto internazionale e di ottenere un ruolo paritario ne.
L’Italia, purtroppo, non sembra aver superato questa fase di subordinazione diplomatica. Anche oggi, manca un approccio coerente, una capacità di visione d’insieme che sa andare oltre il contingente. Nonostante l’enorme potenziale che l’Italia avrebbe in qualità di facilitatore di dialoghi e cooperazioni strategiche, la politica italiana continua a trascurare il dialogo mediterraneo, preferendo concentrare le proprie risorse su questioni di corto respiro e su dinamiche elettorali interne.
Marco Baratto