La necessità dello Ius Soli e l’immobilismo italiano

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Set 3, 2024 #ius soli, #politica

Le proposte di riforma della cittadinanza in Italia, come lo “ius soli” e lo “ius scholae”, sembrano destinate a rimanere mere illusioni, prigionieri di un sistema politico che non ha il coraggio di affrontare la questione in modo deciso e lungimirante. Né la destra né la sinistra sembrano realmente intenzionate a modificare lo status quo, nonostante le dichiarazioni e i proclami che si sentono regolarmente nei dibattiti pubblici. Questo immobilismo, che appare come una caratteristica intrinseca del panorama politico italiano, impedisce qualsiasi passo avanti significativo.

La proposta dello “ius scholae”, che prevede la concessione della cittadinanza ai bambini nati da genitori stranieri dopo un ciclo di studi in Italia, è una soluzione che ritengo macchinosa e inefficace, paragonabile ai compromessi che abbiamo visto in altre aree, come le unioni civili. È un esempio di come l’Italia spesso scelga di adottare soluzioni di basso profilo, incapaci di risolvere realmente i problemi alla radice. In un certo senso, questa proposta riflette l’incapacità del popolo italiano di prendere decisioni audaci e definitive.

La destra italiana, invece, sembra non avere ancora compreso il potenziale degli immigrati regolari come argine contro le derive ideologiche moderne, come quella legata al “gender”. Al contrario di quanto spesso si teme, gli immigrati regolari e i loro figli potrebbero diventare difensori dei valori tradizionali, come la fede e la famiglia. In questa prospettiva, richiamo il pensiero di Oswald Spengler, e la sua visione di un “Occidente ” ormai nella fase della “civilizzazione” . Come tutte le altre civiltà anche quella occidentale è destinata all’estinzione e già nel XIX secolo, secondo Spengler, è entrata nella sua fase di “decadenza”, indicata come Zivilisation (“civilizzazione”), che corrisponde al suo mantenere in vita modelli culturali già morti. Tale ultimo periodo della civiltà occidentale viene descritto da Spengler, negli anni venti, come caratterizzato dal dominio del denaro e della stampa, intellettualmente arido e politicamente fragile, che resiste alla sua fine solo per mezzo del cambiamento continuo di modelli di riferimento, ma comunque sempre privo di speranza.

Influenze quale gli immigrati potrebbero contribuire a frenare il declino della civiltà occidentale, se integrati all’interno di una visione culturale e valoriale più ampia. La destra sembra invece ancora troppo ancorata a un’idea di nazione chiusa, incapace di vedere come questi nuovi cittadini possano costituire un baluardo per la salvezza dell’Occidente stesso , nel senso di un rafforzamento e rinnovamento dei valori fondanti dell’Occidente, come la fede, la lotta all’aborto e all’eutanasia

Per comprendere meglio questo punto, è essenziale distinguere tra il concetto di nazione e quello di impero. Un vero imperialismo culturale, inteso nel senso evoliano del termine, si fonda su valori universali che trascendono i confini nazionali. Una nazione che vuole dominare il mondo o semplicemente un’altra terra non può restare chiusa nei propri caratteri nazionali, ma deve saper elevare i propri valori a una dimensione universale. Questa è la chiave per una missione imperiale effettiva e legittima.

Tuttavia, la destra italiana non sembra aver compreso questa distinzione, non comprendento neppure la visione di Evola , rimanendo intrappolata in una contraddizione tra voler essere una “nazione” e aspirare a un “impero” nel senso evoliano del termine .

Se guardiamo ai tentativi imperialistici dei tempi moderni, molti di questi sono falliti proprio a causa di questa contraddizione, che ha portato alla rovina delle nazioni coinvolte, come nel caso degli Imperi Centrali durante la Prima Guerra Mondiale.

La sinistra, d’altra parte, si dimostra ipocrita nella sua retorica sui diritti alla cittadinanza. Pur avendo governato per gran parte degli ultimi decenni, non ha mai apportato modifiche significative alla legge sulla cittadinanza, e non sembra avere intenzione di farlo in futuro.

Questo atteggiamento è dovuto a due fattori principali. In primo luogo, l’élite di sinistra, che vive comodamente nei centri delle città, mal sopporta la presenza degli immigrati, che invece sono confinati nelle periferie, lontano dagli occhi e dai cuori di chi vive nel privilegio da anni.

In secondo luogo, c’è un calcolo politico: la sinistra sa bene che una parte significativa del proprio elettorato è contraria all’immigrazione, addirittura razzista nei termini e nei discorsi. Dove persone che appartemente si dichiarano di sinistra poi fanno discrosi xenofobi e oltraggiosi nei confronti dei migranti. .

Questo immobilismo politico ha un impatto diretto sugli italiani di seconda generazione, come lo scrivente o il più ben noto Sinner, i cui avi ottenero la cittadinanza italiana nel 1920 in virtù del Trattato di Saint Germain.

Questi cittadini, che vivono sospesi tra una visione nazionale e una imperiale nel senso evoliano del termine, sentono fortemente il peso di una società che non li riconosce pienamente come parte integrante del tessuto nazionale. Ma, al contempo sono partecipi di una visione universale , appunto “imperiale” che li vede cittadini di una entità superiore allo Stato.

Questa particolarità non viene riconosciuta dai politici , per le ragioni sopra espresse .

Fino a quando la politica italiana continuerà a speculare sugli immigrati, sia a destra che a sinistra, il paese continuerà a sprofondare sempre più in basso, confermando il triste ritratto tracciato dal Poeta: un’Italia servile, una “Serva Italia di dolore ostello”, che ha smarrito la propria dignità e grandezza.

In conclusione, è evidente che senza un cambio di paradigma, senza una volontà politica che vada oltre i calcoli di convenienza e abbracci una visione più ampia e inclusiva, la riforma della cittadinanza resterà un miraggio. E con essa, anche la possibilità di costruire un’Italia che sappia veramente valorizzare la diversità e trasformarla in una forza per il futuro.

Marco Baratto

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